“L’uomo è un mistero tremendo” afferma Sofocle nel coro dell’Antigone. L’arte e il pensiero greco delle origini offrono elementi notevoli per una riflessione sull’anthropos – secondo alcune ricostruzioni etimologiche, “colui che guarda in alto”. Nel pensiero filosofico dei Presocratici, rivolto all’indagine sulla natura e la sua origine, emerge la dottrina pitagorica dell’anima – per la quale il corpo è una sorta di prigione dalla quale liberarsi – e risaltano le intuizioni di Eraclito: “Non incontrerai i confini dell’anima, tanto profondo è il suo logos”, “Ho indagato me stesso”.
A partire dai Sofisti, e ancor più da Socrate, la questione dell’uomo viene posta al centro. Con Socrate, e con il “conosci te stesso”, si afferma l’importanza della psychè, identificata nell’io libero, consapevole e responsabile, di cui prendersi primariamente cura, come riportato da Platone nell’Apologia: “Questo è in fondo quello che faccio. Cercare di persuadervi a non prendervi troppa cura del corpo e dei beni materiali prima che della vostra anima, affinchè divenga migliore”. Al tempo stesso egli intende la vita e la ricerca della sapienza come una missione, quasi un “posto di combattimento” affidato dagli dèi.
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