Quando si decide di fare un serio lavoro su di sé, passata l’euforia degli inizi dove tutto sembra nuovo e meraviglioso, arriva il momento dove ci si ritrova a dover scavare in profondità per portare in superficie tutta quella serie di cose che, in tempi normali, non si vorrebbe vedere. Anzi, di solito si ha ben cura di lasciarle nascoste e ben sepolte lì dove sono; non sia mai che qualcuno se ne accorga, o peggio, che ci rendiamo conto di non essere la persona che credevamo.
Poi, giunge il momento tanto temuto: l’incontro con l’Ombra, il nostro drago interiore, custode delle nostre paure e di tutti quei lati oscuri della nostra personalità, ma anche del nostro tesoro interiore più prezioso: quello che, secondo un’antica leggenda induista, sarebbe rimasto nascosto all’essere umano fino al tempo in cui avrebbe capito dove cercare.
E se c’è una cosa che non si ammette spesso quando si parla di lavoro interiore è che, nella pratica, riguarda più lo sporcarsi le mani di fango che peregrinare nel mondo tutto vestito di bianco.
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