Forse non tutti sanno che il “Pinocchio” di Collodi è un racconto iniziatico velato sotto forma di favola per bambini. Già il nome Pinocchio è un’allusione alla ghiandola pineale, cioè la manifestazione fisica del “terzo occhio”: pin-occhio (occhio–pineale).
Un pezzo di legno, un burattino per l’appunto, a cui viene insufflata un’anima e prende vita, ma che con varie prove (iniziatiche) riuscirà alla fine a diventare un “Bambino Vero”. Facile comprendere che il pezzo di legno animato, dotato di vita quindi, ma senza Volontà in quanto burattino, è un’allegoria del sé inferiore; mentre, il Bambino Vero (Bambin Gesù-Cristo) rappresenta la nascita del Cristo nell’uomo o Sé Superiore. Naturalmente, il grillo parlante, il gatto e la volpe (corpo astrale e corpo mentale), e tutti i vari personaggi e le situazioni del racconto hanno anch’essi un significato “esoterico”.
Pinocchio è un opera ricca di simboli, archetipi e significati occultati nella gradevole maschera della fiaba.
Le Avventure di Pinocchio, è una favola ideata nel 1883 da Carlo Collodi, il cui vero nome era Carlo Lorenzini. E’ la storia di un burattino animato che dopo molte peripezie. Riesce a realizzare il sogno di diventare un bambino in carne ed ossa. Oltre a essere una delle fiabe più diffuse al mondo, Pinocchio è un capolavoro di simbolismo massonico-esoterico e meta-comunicazione, grazie ad un soggetto e una trama capaci di racchiudere molteplici chiavi di lettura.
CARLO COLLODI
Carlo Lorenzini nacque a Firenze nel 1826. Iniziò il suo percorso letterario scrivendo su un giornale satirico da egli stesso fondato: Il Lampione, periodico che dopo il lancio incorse nella censura e venne chiuso. Ad un certo punto la sorte gli sorrise, e da disoccupato scrittore Collodi fu assunto presso diversi ministeri italiani, collaborò alla stesura di un vocabolario e fondò una nuova rivista, La Scaramuccia, grazie alla quale iniziò ad occuparsi di composizione teatrale. In quel periodo la sua carriera assunse una piega singolare. Accettò – infatti – un incarico ministeriale in qualità di censore teatrale, così che nel giro di una stagione da censurato diventò censore. Dal 1875, dietro incarico dell’editore Paggi, si occupò della traduzione per l’Italia delle più note fiabe francesi. Fu così che apprese l’arte della composizione fiabesca. Nel 1881, sul primo numero del Giornale per i Bambini – progenitore dei periodici per ragazzi – fu pubblicata la prima puntata della sua celebre favola, con il titolo: Storia di un Burattino. Tutte le puntate sarebbero state raccolte due anni dopo, nel 1883, in un volume dal titolo Le avventure di Pinocchio. Quella di Lorenzini fu una vita piuttosto normale, se si esclude il rapporto ambivalente con la censura, ed il fatto che fosse un massone.
COLLODI E LA MASSONERIA
Nel saggio Pinocchio, Mio Fratello, il massone Giovanni Malevolti scrive di Collodi in questi termini:
“L’iniziazione di Collodi nell’ordine della massoneria, sebbene non sia riscontrabile da documenti ufficiali, è universalmente risaputa. Aldo Mola, un non-confratello che è generalmente definito come storico ufficiale della Massoneria, ha espresso con certezza che Collodi facesse parte della famiglia massonica. Inoltre molti eventi della vita di Collodi confermano questa tesi. Innanzitutto la creazione nel 1848 di una pubblicazione intitolata “Il Lampione”, che, come egli stesso affermava, ‘illuminava’ tutti coloro che fossero nelle tenebre. E poi l’estrema ammirazione che nutriva nei riguardi di Giuseppe Mazzini (massone e rivoluzionario di primissimo piano).”
“Ci sono due modi di leggere Le avventure di Pinocchio”, prosegue Malevolti. “La prima è quella che chiamerei “profana” con cui il lettore, molto probabilmente un bambino, impara a conoscere le disavventure del burattino di legno. La seconda è una lettura fatta di simboli, in chiave massonica.”
Le chiavi di lettura della favola collodiana sono perlomeno tre. Una di stampo massonico, la seconda di stampo pedagogico, e la terza di stampo politico-reazionario.
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