La spiritualità è una particolare gestione della libertà.
Più specificamente, è la dedizione della nostra libertà a una dimensione più grande e più importante di noi, con la quale, tuttavia, ci identifichiamo. Chi vive una spiritualità ricerca la realizzazione di sé mediante l’uscita da sé, esce dall’io empirico per entrare nell’autentico io, mediante il passaggio descritto da Pierre Hadot come «superamento dell’io parziale, particolare, egocentrico, egoista, per raggiungere il livello di un io superiore che vede tutte le cose nella prospettiva dell’universalità e della totalità, che prende coscienza di sé come parte del cosmo, che abbraccia allora la totalità delle cose».
La persona spirituale è tale perché lavora sulla propria interiorità, su ciò che nel linguaggio tradizionale chiamiamo “anima”. Vi lavora anche a partire dal corpo, come appare nelle regole alimentari, nel digiuno e nell’astinenza, nel silenzio che disciplina la mente, nelle pratiche di preghiera e di meditazione, nei passi leggeri, nel lieve sorriso che sempre compare sul volto dei grandi spirituali, il cosiddetto “mezzo sorriso”.
La persona spirituale è consapevole che per il suo essere corporeo dipende dalla natura e che per il suo essere sociale dipende dall’ambiente. Tuttavia sa che esiste una dimensione del suo essere non riducibile né alla materia né all’ambiente, e quindi non necessariamente determinata da ciò che è altro da sé. La persona spirituale ritiene cioè di essere libera, e che in quanto tale può agire, non solo re-agire, può cioè creare qualcosa che prima non c’era senza ripetere sempre la medesima struttura, può sfuggire alla rete di menzogne e di vanità in cui il mondo si dibatte, non ripetere più gli stereotipi che tutti ripetono. La persona spirituale sa anche però che, precisamente a causa della sua libertà, può giungere a compiere ingiustizie, a mentire, ad agire per vanagloria, a non vedere e a non volere altro che se stessa, ad avere la mente colma di idee vane che possono portare persino a odiare e a uccidere nel nome della religione. Sa quindi che la libertà in cui consiste la sua più preziosa ricchezza va sorvegliata, disciplinata, ordinata, e che per questo non c’è modo migliore che relazionarla a una dimensione più grande che le grandi tradizioni chiamano in vari modi, di cui i maggiori sono verità, bene, giustizia, Dio, armonia, pace, spirito. (Vito Mancuso, Obbedienza e libertà)
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