Non chiamiamola didattica a distanza ma didattica d’emergenza. Ridateci la classe

Sulla DaD prendono parola tutti tranne i bambini e i ragazzi. Se c’è una cosa evidentissima che ci restituiscono gli studenti in questi giorni è quanto la prossimità, lo stare nella stessa classe, sia il fondamento per andare lontano e aprirsi al mondo

Fischia il vento, infuria la bufera, ma non è solo l’eco felice della Liberazione. Da diverse settimane ha preso a mugghiare il dibattito sulla didattica a distanza. Da ogni possibile device e apparecchio tecnologico, ad ogni ora del giorno, risuonano nelle nostre case le prese di posizione di tutti gli attori della comunità educante: insegnanti, educatori, psicologi, genitori. Tutti eccetto loro, i diretti interessati, i destinatari finali delle lezioni da remoto.

Io stesso, che cerco di leggere e annotare da settimane tutto quello che si dice sull’argomento (impresa peraltro impossibile), mi accorgo improvvisamente (tuffo al cuore!) di non avere la più pallida idea di cosa ne pensano i miei figli, gli unici veri esperti in famiglia. Imbarazzato, cerco di recuperare a tavola. Come va la scuola con il PC? Cosa vi manca delle lezioni in classe? E cosa vi piace del nuovo modo di imparare? Emma, 11 anni, e Diego, 9 anni, sono un fiume in piena.


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