Condividiamo con piacere le parole di Marcello Veneziani che sulla Verità di qualche giorno fa ci riporta con i piedi per terra, a dare valore alle parole semplici di un tipo fenomenale come Jannik Sinner per ricostruire la consapevolezza di appartenenza.
Jannik Sinner è il figlio che vorremmo avere. Non perché è un campione straordinario che colleziona vittorie di cui andare fieri; sarebbe troppo facile. Non perché porta a casa una valanga di soldi; son buoni tutti a volere un figlio che porta milionate in famiglia, non siate venali, scontati o spiritosi. E non perché gioca divinamente e fa godere gli appassionati di tennis, a cui personalmente non appartengo. Ma Jannik Sinner è il figlio che vorremmo avere per quel che è sul piano umano, per quel che dice, per come lo dice, e per come si comporta di conseguenza.
Subito dopo la sua vittoria al torneo dei Maestri ha detto con grazia naturale: “I miei genitori vengono prima di tutto, di qualsiasi trofeo o successo; non solo la lacrima di mia mamma quando mi hanno premiato come numero uno; anche mio padre, mio fratello, tutti. I miei sono l’emozione più bella che mi porto via di qui, solo loro conoscono i sacrifici che abbiamo fatto: è bello poter restituire qualcosina”. Alla faccia del qualcosina…
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